Inviato da marina@centrost... il
Una buona parte dei ragazzi vive in famiglie dove entrambi in genitori lavorano. Rientrando a casa alla sera si trovano a trascorrere il tempo che dovrebbe essere dedicato alla condivisione degli eventi della giornata, al gioco, all'ascolto/confronto a svolgere i compiti fino a tarda ora.
Ciò risulta negativo per:
- RAGAZZO. Perchè è stanco e i tempi di concentrazione sono ridotti. Spesso si pone in atteggiamento di chiusura che poi porta ad un conflitto con il proprio genitore, non riuscendo così ad appassionarsi a quello che fa.
- GENITORE. Stanco della giornata deve investire delle ore a “scontrarsi” con il figlio, davanti a dei compiti che delle volte richiedono un ripasso di argomenti da tempo non trattati. Il genitore non è tenuto a conoscere e ricordare tutti gli argomenti svolti a scuola. --> I compiti non sono del genitore. Il suo ruolo può essere quello di controllare che i compiti siano stati svolti con ordine e impegno!
Nel caso del genitore non lavoratore, anche se il tempo a disposizione è maggiore, risulta comunque non “costruttivo” sostituirsi al figlio.
Lo si può affiancare.
Nella maggior parte dei casi si è rilevato difficile trovare il giusto equilibrio tra genitore (insegnante) e figlio (studente).
L'obiettivo primo (del genitore e della figura educativa) deve sempre essere quello di rendere autonomo il proprio figlio. È importante non sostituirsi a lui in nessun caso, nemmeno per evitare l'eventuale scontro.
Lo studio può e deve diventare un fattore di crescita integrale: umana, culturale, sociale, per i figli; un fattore positivo per la convivenza ed unità famigliare.
Chi intende motivare i propri figli deve tenere conto del carattere personale della motivazione e deve tener presente che la motivazione allo studio è innanzitutto, un problema di cultura e di educazione. Riguarda la cura delle domande, lo sguardo alla totalità, l'uso della ragione.
Ecco dei suggerimenti di come il genitore potrebbe porsi:
- assecondare o elevare realisticamente il livello di aspirazione (dobbiamo ridimensionare la tendenza all'autosvalutazione o alla presunzione dei ragazzi);
- fornire delle idee concrete su come raggiungere le mete (es. programmazione dei tempi dello studio);
- non sostituirsi nei compiti difficili, ma condividerne la fatica;
- porre delle mete e dei traguardi precisi ed adeguati al ragazzo (passare da 10 a 5 errori, per esempio...);
- coinvolgere nella scoperta delle ragioni dell'insuccesso;
- far costruire un orario settimanale che permetta di sperimentare che tra la vita (gioco, amici, TV, ...) e studio non esiste opposizione;
- manifestare sempre un'attesa positiva, tenace e paziente nei confronti dei ragazzi (l'educatore é profeta del successo o dell'insuccesso dei ragazzi).
Incoraggiare nello studio vuol dire rassicurare i nostri figli sulla strada del compito di apprendimento mantenendo uno sguardo realistico positivo.
Una suggerimento utile, può essere quello di spronare i ragazzi a fare dei “gruppi di studio” (massimo 3 ragazzi), con un adulto che fa da “supervisore”. Se i ragazzi sono responsabili è sicuramente un'ottima soluzione. Oltre che fine allo svolgimento dei compiti quotidiani, è anche un momento di collaborazione, confronto, condivisione e crescita. Può fungere da stimolo aggiuntivo.
Laddove non fosse funzionale la collaborazione tra ragazzi, risulta utilen rivolgersi a figure professionali che possano accompagnare il proprio figlio in un percorso di crescita nelle competenze e nell'autonomia scolastica.